Dopo solo sette mesi di lavori si completa una tra le più chiare espressioni dell’adesione dell’ing. Gianni Mantero al Movimento Mo derno e al gruppo razionalista comasco. Interpretando quella volontà di innovazione nella tradizione, all’interno del processo di costruzione della città di Como, per il quale l’area a lago costituisce il luogo della dotazione delle infrastrutture sportive e di svago per il tempo libero e la socializzazione, la Canottieri Lario conferma la qualità architettonica tesa alla vocazione di crescita per parti della città in coerenza con il disegno urbanistico che i piani successivi del gruppo comasco consolideranno.
Un’opera che lo stesso Enrico Mantero nel suo intervento Continuità e futuro dei proto razionalisti definisce parte del processo di catarsi che molti professionisti di quel periodo affrontano in risposta all’ecclettismo dei primi anni
del Novecento. Nella sua semplicità volumetrica, come nel suo impianto, ricalca scelte che anticipano il Razionalismo, e che ben si spiegano con le frequentazioni di Gropius o con i riferimenti di una cultura europea in divenire,
testimoniata da una ricca biblioteca di testi e di riviste. Il fronte principale d’ingresso – con caratteri molto vicini ai bagni della Cité Moderne di Mallet Stevens, 1924 – è composto da un blocco centrale più alto rispetto alle due ali laterali simmetriche, intonaco bianco e finestrature a nastro con sottili telai in origine rossi che convergono al portale d’ingresso. Così come poi, nel corrimano della scala interna, il portale sembra contenere una sorta di resi duo di decorativismo cifra stilistica di Gianni Mantero sottolineata dalla composizione delle parti in marmo, stipiti e davanzali nella figura che si completa con due pennoni laterali e con la scritta della società. Da evidenziare come il progetto realizzato non contenga la pensilina sulla porta d’ingresso, in un primo tempo ri portata sulle tavole, portando maggiore unitarietà alla soluzione adottata. Alla copertura piana a terrazza protesa verso il lago si accede sia dall’interno sia con una scala leggera esterna, evidenziata dall’esile parapetto, sospesa a una colonna posta sul fronte lago; con la sua struttura, il pianerottolo sporto verso il lago anticipa il dialogo con l’acqua che il trampolino realizzerà in modo sublime. La grande hall d’ingresso aperta verso il lago è il luogo centrale della Canottieri, spazio di ritrovo e incontro. Ai lati del bar, oggi la segreteria, si sviluppano la vetrata e l’ingresso che protende verso le vasche di allenamento. Sul lato opposto si trovavano originariamente due grandi dipinti del Songa di cui oggi rimane una sola raffigurazione con tracciati di gara nel bacino del lago. È nella sala di voga che troviamo la prima vasca di simulazione per società di canottaggio in Italia, artigianato e ingegneria idraulica al servizio dell’esercizio sportivo: un sistema di canali simula la corrente contraria al senso del vogatore che rema sopra una bar ca galleggiante ancorata. L’attenzione a seguire con puntuali soluzioni progettuali è presente in ogni spazio, sia che si tratti del vano per la rimessa delle preziose barche, sia degli spogliatoi nei quali affronta e risolve con maestria anche piccoli dettagli come gli armadietti degli atleti.
Le strutture porta imbarcazioni sono studiate per ospitare le preziose barche e facilitarne il rimessaggio, i supporti sono integrati ai pilastri dell’edificio volti a sottolineare l’essenzialità costruttiva. La cura del dettaglio diviene motivo per trasformare la scala con il parapetto e il corrimano in esercizio plastico. Di questo sorprende l’equilibro dimensionale e la pro porzione, come mostrano i disegni, arrivando alla soluzione definitiva dopo prove di “stile” nel definirlo. Il trampolino, elemento simbolo del progetto, è parte dell’intero complesso anche se sembra avere un propria autonomia: è il segno del rapporto con il lago proteso ver so nord sull’acqua, prolungamento della sala
centrale della Canottieri. Uno straordinario connubio tra ingegneria e architettura, come ben evidenzia l’unica tavola che assomma in sé tutto il calcolo strutturale e ogni dettaglio esecutivo della struttura. Come lo ha definito Enrico Mantero “… il trampolino si abbraccia al Monumento dei Caduti in una stupenda astrazione formale che radicata nell’esprit novecentesco anticipa il realismo delle forme architettoniche razionaliste”. L’anima strutturale è costituita da nervature di ferro che sorreggo no l’intero impianto di cemento, decorato con fasce rosse alle quali si alternano inserti in alluminio inossidabile Anticorodal, impiegato per la realizzazione dei sottili tubolari dei parapetti.
Esile eppure solido, simbolo dello spirito di rinnovamento di un modernismo, il trampoli no si rapporta con il luogo verso il cielo e verso il lago nell’unicità prealpina. Nel 1980 Enrico Mantero interviene reinserendo in un coerente
progetto architettonico alcune migliorie funzionali come la piscina in copertura e la palestra che necessitavano una loro collocazione. L’intervento avviene dopo un acceso dibattito testimoniato soprattutto da una lettera che lo stesso Enrico inoltra all’Amministrazione comunale rappresentata dall’allora sindaco avv. Spallino e nella quale si rivendica una continuità nel rispetto dell’architettura degli interventi di trasformazione funzionale, rilanciando una sfida difficile tra padri e figli nella quale emerge tutta la sua piena consapevolezza rafforzata dal risultato finale del progetto realizzato. Esternamente l’ampliamento sul fronte lago e sul lato ovest presenta una facciata a tutt’altezza
in vetrocemento scandita da rientranze vetrate e permeabili poste a distanza regolare fra loro. Il raccordo fra il fronte sud e ovest, in cui le pareti vengono raccordate, sembra sottolineare un rispetto formale seguendo un andamento curvo della parte sottostante, mentre la soletta della terrazza sovrastante rimane aggettante sopra di essa terminando ad angolo vivo. Queste e numerose piccole riconversioni funzionali non sembrano aver alterato l’impianto originario dell’edificio e il progetto di mezzo secolo successivo testimonia in un’unica grande tavola, una comune sensibilità famigliare.
[MASSIMO NOVATI da MANTERO: CENTO ANNI DI ARCHITETTURA]