Scuole di Olgiate Comasco

Gianni Mantero, a cui viene affidato il primo incarico per la scuola elementare all’inizio de gli anni Settanta, coinvolge il figlio Enrico al quale è di fatto attribuibile il progetto nel la sua totalità. Seguirà a breve l’incarico per la scuola materna, anch’essa completata a metà degli anni Settanta seguita da un progetto di fattibilità che prevedeva due diverse soluzioni riguardanti l’ampliamento e il completamento di tutto il complesso scolastico, includendo pa lestra, asilo nido, scuole medie e professionali oltre all’ampliamento delle due sedi scolastiche già costruite, mai realizzato. La scuola sorge in una zona semiperiferica del paese, dove era già prevista la realizzazione d’insediamenti di edilizia economico-popolare e conseguentemente un sensibile aumento della popolazione scolastica. Il dimensionamento della scuola elementare prende avvio dagli standard contenuti nel D.M. 21/03/1970, e introduce nuovi spazi che solo più tardi saranno puntualizzati e definiti dal D.M. del 1975. La pianta divide funzionalmente la scuola in due parti: nel lato nord vi sono l’atrio d’ingresso, i locali di servizio, la cucina e gli spazi per il personale docente; lungo il lato sud le cinque aule. Agli spazi dedicati alle attività didattiche tradizionali vengono affiancati gli spazi per le lezioni interciclo, artico lazione in cui si gioca la qualità dell’edificio: i tre livelli della scuola (ingresso-aule, didattica aule, interciclo) sono posti in successione con una sfalsamento di mezzo piano alla volta, col legati da brevi rampe di scale. Questa soluzione permette di orientare i vari locali secondo una razionale disposizione in relazione al lotto e al soleggiamento, aumentando il rapporto inter no-esterno nella zona delle aule e introducendo riflessioni molto interessanti riguardanti flessibilità, successione, e soprattutto qualità degli spa zi. Il percorso interno procede orizzontalmente attraverso l’atrio sino all’ingresso delle aule, poi lungo le scale percorrendo i diversi spazi didatti ci per poi riconnettersi sempre orizzontalmente al livello delle aule interciclo. Potremmo definire, parafrasando lo stesso Mantero, questo progetto come un “lucido esempio compositivo in sezione”, vista la chiarezza del programma espresso. Anche in questo atteggiamento compositivo Mantero è schierato con quella categoria di progettisti, da Boullée a Le Corbusier, che sembrano spesso prediligere un tale approccio allo studio delle spazio architettonico. Una composizione che, memore delle indicazioni o, meglio, delle avvertenze dello stesso Le Corbusier, non si limita a traslare le piante lungo l’asse verticale. Numerosi sono i rimandi e le suggestioni architettoniche qui evocati, compresa l’articolazione spaziale della Gund Hall che John Andrews stava terminando in quegli anni. La pianta della scuola materna contiene delle analogie con la scuola elementare nella sua divisione planimetrica; il lato nord è occupato dall’atrio e dai servizi, quello sud dall’attività didattica. A collegamento tra le due parti, la zona centrale dei servizi viene parzialmente svuotata con la formazione di piccole corti interne di forma e disposizione regolare. I diversi spazi didattici sono identificabili anche dall’esterno (attività libere e ordinate a tavolo per le tre se zioni). Lungo il lato sud tre grossi portali esterni in calcestruzzo fanno ombra alle finestre delle aule principali e riescono a dare movimento al disegno di tutta la facciata. La linea inclinata tracciata sulla sezione dallo shed, che attraversa trasversalmente tutta la pianta, esce sul lato est formando la pensilina d’ingresso chiusa sul lato dalla vela triangolare sempre in calcestruzzo. Il progetto si adatta alla geografi a dell’intorno at traverso la cura nel disporre i vari livelli, l’orien tamento dell’edifi cio, il rapporto con la strada e il contesto urbano. Le scelte di linguaggio emergono dalle fotografie dell’epoca, conserva te nell’archivio dello Studio, che mostrano l’interesse del progettista per un’architettura di vo lumi puri riferendosi alle opere di Le Corbusier, soprattutto quelle dagli anni Cinquanta in poi, caratterizzate dall’uso del calcestruzzo a vista decisamente brutalista – d’altronde Mantero non ha mai nascosto la sua passione per queste opere mature, La Tourette ed il Carpenter Centre su tutte –. I volumi delle due scuole possiedono unità e una logica pur nelle differenze formali e tipologiche. Sono riconoscibili come volumi squadrati in calcestruzzo a vista con finestrature solo sui due fronti sud e nord – tranne gli ingressi e alcune aperture più piccole –, e l’utilizzo dello shed per le parti più interne. L’unica nota cromatica è data dai serramenti in ferro, azzurri nelle elementari e gialli nella materna, una piccola citazione olandese che possiamo considerare un leitmotiv nelle scuole costruite da Mantero: alla struttura in calcestruzzo a vista vengono sempre accostati serramenti di colori primari (giallo, azzurro, rosso).

[NICOLA MASTALLI E MARCO VALSECCHI da MANTERO: CENTO ANNI DI ARCHITETTURA]