Il tema della villa urbana è interpretato dall’ingegner Gianni Mantero come un equilibrato modello di abitazione che, attraverso una semplicità volumetrica con il sapiente uso dei piani, intro duce il concetto del piano abitato semisotterraneo con un evidente riferimento a Rue Mallet Stevens, come a molti modelli di ville urbane nei quali l’edificio, pur arretrato, dialoga con il fronte strada. Sono i segni di una cultura urbana nella continuità della tradizione lombarda, quella di Muzio, attenta al recupero dei suoli, confrontandosi col modello olandese di Berlage più che col modello americano di Wright. Questa cultura rappresenta il consolidarsi della città, processo analogo in quegli anni anche in altre realtà, come nella vicina Lecco dove, con la casa per professionisti (1931-1932), Mario Cereghini dà una sua analoga interpretazione della densità edilizia urbana quasi a voler introdurre una nuova misura per la villa urbana all’interno di una sobria e contenuta ricerca formale. Una ricerca di continuità rispetto alla storia che troverà una delle massime espressioni in Casa Leidi (1934-1936) di Giovanni Muzio a Bergamo, straordinario condensato del fare architettura e città. Il progetto, come testimoniato dalle tavole d’archivio, si è sviluppato in cinque possibili soluzioni. Inalterati rimangono il volume principale, la sezione e la sua collocazione nel lotto, mentre appare maggiormente sofferta la scelta delle soluzioni distributive dell’impianto abitativo con la soluzione finale, forse preferita alle altre perché la più contenuta e raziona le. Tra le soluzioni abbandonate si può citare quella che utilizza la scala d’ingresso principale per uno sviluppo plastico, semicircolare vagamente monumentale, contrariamente alla soluzione sobria ed essenziale infine adottata come ben evidenziato dalle tavole qui ripor tate. La casa si presenta con scelte importanti come l’utilizzo alternato nella definizione delle facciate e dei prospetti, con una parte di zoccolatura alta fino al primo piano con mattoni lombardi e una parte, il piano alto e alcuni inserti come gli affacci del semisotterraneo e i bow-window, con intonaco Terranova.
Come altri – Muzio ma anche lo stesso De Finetti –, in Villa Pirovano la decorazione esterna è funzionale al disegno plastico dell’edificio, intesa come sottolineatura nella partizione del le funzioni che compongono l’organismo abitativo ed è unita ad una grande attenzione dei particolari costruttivi da manuale che esaltano le parti nel rispetto di una ricerca mai fine a se stessa. Il colore e la scelta del contrasto tra i materiali, intonaco Terranova, mattoni lombardi, travertino, sarizzo e ceppo, uniti alle vetrate di grande trasparenza a filo facciata, in evidenza con il volume del piano semisotterraneo, sono parte di una ricerca espressiva che le numerose tavole di progetto testimoniano, evidenziando scelte forse sofferte come quella della copertura a falde, a indicare una scelta per un elemento che appare poi quasi sempre nascosto dai di segni con vedute prospettiche dal basso. Il piano terreno rialzato si sviluppa attorno allo spazio centrale, ossia il vano di accesso con la scalinata, per i piani superiori, contrassegnato da un grande bow-window con serramento a saliscendi che contiene i locali della zona giorno, interdipendenti tra loro, i quali si interfacciano sul vano centrale, vero fulcro della casa.
Il piano primo si sviluppa con una batteria di camere e bagni servite da uno spazio centrale al quale approda la scala in marmo accompagnata da un corrimano e parapetto in legno. La misura della scala e le scelte formali adottate sorprendono per eleganza e cura compositiva dei dettagli sorretta da una ricerca progettuale in grado di dosare sapientemente la presenza di materiali della tradizione, marmo e legno, con quelli dell’innovazione quali l’acciaio. Tra gli elementi che caratterizzano la casa vi è sicuramente la serramentistica ed in particolare l’utilizzo del bow-window, sottolineando una costante attenzione all’interpretazione in chiave moderna della tradizione, come dimostrato dal serramento brevettato dai ridotti profili, un movimento di apertura completo a rientrare, creando una tripartizione della finestra che ne evidenzia la centralità al corpo principale della casa. Il progetto comprende anche il disegno degli arredi che, a partire dalla cucina, sino ai mobili del soggiorno e delle camere, mostra la volontà di accompagnare il processo progettuale in ogni elemento, così come dimostrata dalle tavole che evidenzia particolari costruttivi dell’armadio del bagno o altri elementi d’arredo, con note e dettagli tra innovazione e tradizione anche nell’arredo. In questa chiave si deve intendere anche tutta la serramentistica nella quale comprendere porte e armadiature intese come partiture integrate alle pareti in piena adesione a concetti di modernità ispirati a modelli europei, in particolare a quello tedesco. Anche nei bagni si legge la stessa volontà di innovazione: la decorazione è affidata all’uso del marmo come rivestimento – tipo Calacatta con ampie venature –, mentre le armadiature integrate nelle pareti restituiscono un’immagine di funzionalismo nella quale spiccano gli innovativi scalda-asciuga salviette in acciaio.
[MASSIMO NOVATI da MANTERO: CENTO ANNI DI ARCHITETTURA]