Park Hotel Meublé

Silenzioso e timido, di quella timidezza tipica di chi ha da raccontare, insegnare, solo per chi vuole ascoltare. Da dietro le chiome delle alberature allineate, come soldati, è protetto e an nunciato. Anni Sessanta. Le 500, 600, 1100, le Appia sfrecciano sotto le tre sentinelle, i bow window della facciata, protese verso il viale, verso il vuoto aggrappate al volume dell’edificio puro nell’essenza. Preciso, nella sua sottile imprecisione, il piccolo capolavoro, non si fa riconoscere mentre ritaglia il cielo riportando e interpretando la linea di battuta ritrovata a terra lungo il viale Rosselli, innalzandola con nuova sensibilità interpretativa. Una linea disallineata, carica del valore dell’allineamento che non ci piace, casuale. L’errore dell’imperfezione è oggetto di semplici movimenti, nascosti all’occhio distratto, se non a quello che coglie il battito di ciglia e il fascino del luogo, estrapolandone spirito e valori. La linea a ter ra del viale è allineata a sé stessa, leggermente ruotata rispetto all’edifi cio; o meglio, la pic cola torre, non riconoscendo il tracciato della strada frontale si disallinea con decisione, ma di poco, per quel minimo scarto, quasi a sem brare un’imprecisione di cui nessuno si sarebbe accorto. Ecco, la genialità, l’intenzione che si fa progetto, voluta probabilmente da subito. Se non avessi ascoltato non avrei colto nemmeno io. Non avrei capito, di conseguenza non avrei imparato. Le tre sentinelle, parti del fabbricato che si allineano sul viale, sono identiche, ori ginate dal volume della torre, ruotata per l’ap punto. Nel concetto della prefabbricazione, con pannelli di tamponamento e serramenti – ne parleremo dopo – non si possono inserire pezzi speciali: vi è una rigidità perentoria di ese cuzione, poiché sono le strutture verticali dei pilastri che, scivolando, slittando, allungando si, permettono di realizzare i tre piani verticali del fronte cui esse stanno, giocando con pro fondità diverse e permettendo l’incastro tra gli attori. La pianta nasce con questa semplicità intuitiva: defi nita l’eccezione dell’allineamento si possono mettere le strutture (pilastri, travi, solai). Ne consegue la sezione. La maglia in pianta è data, se si può parlare di maglia, non essendoci mai un passo e una corrisponden za, dovuto anche alla modulazione delle lastre prefabbricate di facciata. Infatti, anche all’in terno qualcosa succede. I pilastri centrali inter ni si torcono, ruotano su sé stessi, sei, di qua rantacinque gradi, ignorando quelli periferici, ossia quelli esterni, ponendosi a corona con l’elemento scala/ascensore, strutturale, inteso, questa volta, con l’accezione di anima, piut tosto che del signifi cato del portare, portante, su e giù. Il blocco scale/ascensore è preciso, michelangiolesco. Distributivo, certo, anche portante, ancora una volta indipendente dalle strutture tutte: periferiche e di coronamento. Insomma, si potrebbe dire una ricerca per soli architetti, o addetti ai lavori, ma credo invece sia per tutti gli uomini. Questo è l’uomo professore. Mi venga perdonata il termine, ma tale è stato. Usciamo fuori, nuovamente, lungo la via Masia. I vertici delle teste dei volumi del corpo basso si allineano, si attestano per punti, slittando dall’angolo che si svuota, all’incontro con il viale, fi no alla conclusione del sedime di pertinenza, dove si attesta il fabbricato limitrofo. I volumi spiccano dal suolo, contenuti dai setti che con leggeri arretramenti incastrano i parapetti in cemento del coronamento, che si pronunciano all’esterno esaltando l’angolo all’incrocio delle strade. L’angolo, altro tema presente nella ricerca. A proposito di ricerca, sappiamo quanto Enrico Mantero fosse studioso di Giuseppe Terragni, e il fascino della vicina Giuliani-Frigerio sicuramente non sfuggì; non credo ci interessino le lievi assonanze negli elementi più decorativi, come le teste dei balconi di cui abbiamo appena detto o delle ali di stacco al cielo, aeree nella Giuliani-Frigerio, conclusione e coronamento di parti nel PHM. Diff erente è anche il signifi cato delle tre sentinelle avanzate, rispetto gli aggetti della Giuliani-Frigerio, nel PHM principio e regola, nella seconda, accidente; ma credo interessi, maggiormente, riallacciandomi a quanto so pra, come fu interpretato l’allineamento sul viale Rosselli da parte di Terragni. Il corpo di fabbrica qui arretra decisamente, ignorando comunque l’andamento del viale, lasciando alle sole teste dei balconi e dello spigolo sulla via Prato Pasque la conferma di quanto poi il Mantero seppe con maestria interpretare. La decorazione, la pelle, come oggi intesa nelle riviste patinate, è inesistente; la pelle non è ri vestimento nel PHM, è elemento costruttivo, intrinseco, voluto, ricercato, sperimentato, è costruzione. È elemento costruito. Il pannel lo prefabbricato in cemento e graniglia, rosso Levanto, vibrato al tavolo di getto e levigato a secco, primo esempio applicato in città su un edificio non industriale, è montato sull’ossatu ra cruda, beton brut, faccia a vista, cementizia portante, sull’intelaiatura, sullo scheletro pre parato a riceverlo, in cui i risparmi a incastro, a coda di rondine, sono stati, seppur semplici, studiati e discussi al fi ne che il pannello po tesse essere messo in opera, inserito dall’inter no, senza ponteggi e montato rapidamente a secco, senza sigillature, garantendo che l’acqua ne stesse fuori. Così come i pilastri presenta no una sede per l’alloggiamento, così le travi si presentano con il becco, – gocciolatoio –, e il dente, – battuta –. Tra lastra e lastra, nerva tura e battuta, è ritmo materico e cadenza di luce e ombre che si allungano assurgendo, qui a sincerità e semplicità del ciclo costruttivo. Non memorie o rimandi alle lamiere presso piegate dei container, passando da Kiefer, sono da individuare, bensì l’euforia della ricerca e dell’inconsapevolezza della scoperta speri mentale che sfocia nell’eleganza di un mini malismo, ante, in cui la forza dell’architettura guiderà Enrico Mantero nell’avventura, in cui continuità e consapevolezza saranno dati im palpabili e innegabili, immersi nella riflessione sulla questione contestuale. Mi piace pensare a quelle sensazioni di un periodo nuovo, al sen so di ricerca, di quegli anni Sessanta. Gli anni della ricostruzione, gli anni del fermento, del politecnico, dei sogni di giovani nuovi impe gnati con addosso il peso di un passato, ormai storico, mitico, razionalista. Il Razionalismo. Comasco.

[MARCO VIDO da MANTERO: CENTO ANNI DI ARCHITETTURA]